BUONA VISIONE A TUTTI E BUON ASCOLTO DI RCR RADIO CENTRO ROSETO.

 

INSEGUENDO UN SOGNO

di Antonio Monaco

Sono trascorsi venti anni dal 26 marzo del 2001. Quel giorno, nello spazio di pochi minuti, la nostra piccola comunità precipitò nello sconforto, nel dolore, nella incredulità, nello sgomento. Erano da poco passate le 9 quando in paese arrivò la notizia che Giuseppe Ronca, sovraintendente della Polizia stradale, era stato coinvolto in un incidente lungo l’autostrada A14, nel tratto tra Foggia e San Severo. Un carabiniere di stanza in quegli anni a Roseto, consapevole dell’amicizia che mi legava a Giuseppe, mi diede la tragica notizia che il mio amico era stato investito da un tir mentre controllava un’auto ferma in una piazzola di sosta in quel tratto di autostrada. .

 

 

 

Ero incredulo, non perché nutrissi dubbi verso quanto mi aveva appena detto il carabiniere, ma, come sempre accade in questi casi, era difficile per me accettare quella verità. Per questa ragione chiamai la redazione di Foggia del mio giornale, la Gazzetta del Mezzogiorno, chiedendo ad un collega se avesse notizie di quanto accaduto poco prima sull’A14. La redazione non solo confermò la tragedia ma mi inviò, via fax, le poche righe battute dall’Ansa che informava della morte di un poliziotto avvenuta sull’autostrada tra Foggia e San Severo. Insomma, era tutto vero. Giuseppe Ronca non c’era più. Se ne era andato a soli 42 anni. Due giorni dopo a Roseto si svolsero i funerali di Stato con la partecipazione del Prefetto, del suo comandante, Francesco Antonio Micale della moglie Santina, della mamma Fiore e del fratello Domenico, che arrivò a Roma da Toronto, accompagnato a Roseto da Maurizio Falco, funzionario del ministero dell’Interno, a bordo di un elicottero della Polizia. Con la morte di Giuseppe si infransero tanti progetti e sogni, coltivati insieme, in nome di ideali e tanta buona musica, che ci portò, negli anni Settanta, a realizzare un sogno che molti ragazzi dell’epoca inseguivano: la creazione di una radio, una radio libera, a Roseto. Da allora Giuseppe Ronca e fino al tragico 26 marzo del 2001, non smise mai di ascoltare musica pop e rock, collezionando centinaia di dischi in vinile prima e cd dopo, tanto da diventare un dee-jay di grande levatura. Giuseppe, però, era anche un poliziotto modello. Una persona scrupolosa e ligia al dovere. Per lui indossare la divisa della Polizia significava mettersi al servizio degli altri; donarsi per le altre persone, soprattutto per quelle più deboli, fino ad immolare se stesso. Non a caso il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, il 29 aprile del 2002, firmò il decreto che conferì a Giuseppe Ronca la medaglia d’oro al valor civile. Due anni dopo, nel luglio del 2004, il Comune di Roseto dedicò alla sua memoria un piccolo spiazzo lungo via Gian Battista D’Avanzo. Fu una giornata carica di ricordi ed emozioni, culminata con un concerto, in piazza Castello, della prestigiosa Banda Musicale della Polizia di Stato, diretta dal maestro Roberto Granata. Nel febbraio del 2016, la sottosezione della Polstrada di Foggia, dove il poliziotto prestava servizio dal 1984, fu a lui intitolata. Giuseppe aveva iniziato la carriera agli albori degli anni Ottanta, dapprima presso la scuola di polizia di Cesena e successivamente a Volterra. Una persona rara, poco incline alle banalità, capace di acute osservazioni filosofiche sull’amicizia, dall’animo nobile e di una generosità sorprendente, quasi proverbiale. Il tutto faceva parte di uno stile di vita sobrio senza ostentazioni, né materiali né intellettuali. Eppure Giuseppe Ronca, al di là della sua formazione ricevuta al liceo classico Ruggiero Bonghi di Lucera, era un fine intellettuale, perché amava la lettura: libri, quotidiani, riviste, fumetti. Coltivava interessi anche per il cinema e per il calcio, tifando per il Milan. La sua vita, però, era scandita dalla musica, dal rock, stravedendo per i Nomadi, la band italiana nella quale più si identificava. Tuttavia, voglio ricordare il mitico Pino Flash (lo pseudonimo che gli fu dato ai tempi della nascita della RCR, nel 1977), dal viso radioso, dagli occhi vispi e dalla risata devastante, con un passaggio dell’opera più celebre scritta da Ernesto Guevara: “Latinoamericana, i Diari della Motocicletta”. Un libro di culto letto da generazioni di persone che racconta il viaggio fatto dal Che insieme al suo amico Alberto Granado attraverso l’America del Sud: Non è questo il racconto di gesta impressionanti. È un segmento di due vite, raccontate nel momento in cui hanno percorso insieme un determinato tratto, con la stessa identità di aspirazioni e sogni.